mercoledì 16 gennaio 2013

revisionismo


ascolti e legga chi pecca di revisionismo

 Renato Sarti

Ieri leggevo in anteprima la notizia del ritrovamento di una bottiglia contenente un messaggio. Non si tratta della classica bottiglia affidata ai marosi. E’ stata reperita dentro un muro del campo di sterminio di Auschwitz, ce la intromisero alcuni deportati chiamati a svolgere lavori di muratura per la costruzione di un bunker difesa per i nazisti. All’interno vi era un messaggio e i numeri di catalogazione di quei poveretti. Un reperto importante una testimonianza cruda per chi ostinatamente osa negare l’Olocausto. Uno dei deportati è vivo vive in Francia, ha potuto dare ancora testimonianza viva dell’orrore.
Un’occasione per  postare un brano dell’opera teatrale di cui è autore e regista un caro Amico, Renato Sarti. Un lavoro basato su fatti e testimonianze certe.

I ME CIAMAVA PER NOME:
vierundverzigtausendsiebenhundertsiebenundachtzig
44.787
-RISIERA DI SAN SABBA-

Da testimonianze di sopravvissuti alla deportazione e allo sterminio nazifascista raccolte da Marco Coslovich e Silvia Bon dell’istituto per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli-Venezia Giulia


Pagine 23/24
DIAPOSITIVA CON LA SCRITTA, SOGNI, INCUBI E ALCUNE RIFLESSIONI DEI SOPRAVVISSUTI

NARRATORE: Evitare che il nostro percorso si riducesse ad una autentica galleria dll’orrore, non è stato facile. Ma omettere l’episodio che apre il Capitolo conclusivo e soprattutto la riflessione che lo precede – che è quella che ci ha indotto ad includerlo – avrebbe significato non rendere appieno il livello di degradazione, di avvilimento, di disumanizzazione a cui l’uomo è stato ridotto nei lager nazisti. Nonostante una certa ritrosi da parte dei deportati episodi come questi – e pulci,  fegati, cervella, e glutei mangiati e donne violentate da cani ecc…- di episodi come questi ce ne sono parecchi.
Dice un ex Deportato:

“ TUTI QUANTI GA FATO LA LORO CRONISTORIA DEL LAGHER IN UNA MANIERA, CUSSI’, COME UN RACONTO. CHE PAR QUASI UNA POESIA,QUASI. GHE X’E’ DELE CRUDEZZE CHE NON TE LE VOL DIR PERCHE’ TE GA DENTRO QUEL CHE I ALTRI NO’ I CAPISSI. X’E’ NA CRITICA CHE NO GO MAI VOLUDO FAR COI COMPAGNI: EL NON ESSER BONI- NON ESSER CAPACI – DE RIPORTAR IN MANIERA CRUDA. ECCO, QUEL VA FATO, IN QUELA MANIERA VA DITO. MI GO UNA TESTIMONIANZA DE UN FATO DE…..DE CANIBALISMO. A KAUFERING, ALA FINE DE LA GUERA, NON SE VEDEVA LATEO CHE FAME, FAME E FAME. UN RUSSO NE FA:
“ LA’ X’E’ UNA ROBA STRANA, NON STE ADAR LA’ “
MUSULMANI, POLACHI, SETE O OTO. GENTE DISFADA, DISTRUTTA. GHE X’E’ MOMENTI CHE TE RAGIONI O NO’ TE RAGIONI. TE GA LA MENTE CHE TE PORTA A FAR QUALCOSSA DE INCONSULTO. I GAVEVA FATO UN BUSO PER TERA, E UN FOGO, E I GAVEVA….MI SON ANDA’ VICIN E….E GO ANCHE DOMANDA’.
“ TI NIENTE! I MORTI Z’E’ NOSTRI! QUESTA X’E’ CARNE POLACA! E NE GAVEMO ANCHE POCA! “
MI DISEVO:
“ I NE FARA’ EL MONUMENTO CO TORNEREMO IN ITALIA”
LA DELUSION GRANDE CHE GO PROVA’ DOPO LA LIBERAZION XE CHE NON XE VEGNU’ FORA NIENTE. TUTO BISOGNAVA COVERZER. TUTO QUEL CHE GA’ FATO I NAZISTI, I TEDESCHI, TUTO, NIENTE NON XE’ VEGNU’ FORA.

Mi piacerebbe che chi legge questo post si facesse delle domande, anche proseguendo la lettura del testo. Cliccando su Google:
i me ciamava per nome
 giungerà (al primo posto) all’ANED, 
vi troverà un approfondimento di Moni Ovadia e il testo completo in html.


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