domenica 18 marzo 2012


IL PROFESSORE E LA VENDETTA

(sollecitata da un Amico proseguo)

Mica finì lì la storia. I rapporti tra me e quell’ insegnate non erano mai stati dei migliori. Quel signore non amava molto il genere femminile, le studentesse dovevano stare al loro posto “educatamente” silenziose, studiare molto. Personalmente godevo di una buona educazione volta al rispetto per gli altri ma senza fronzoli ipocriti, a lui non piaceva. Cercava in tutti i modi di mettermi in difficoltà, non ci riusciva mai. Non ci riusciva nemmeno con il classico richiamo:
“ Gemignani ripeti quello che ho appena detto”
Non ci riusciva perché qualsiasi cosa stessi facendo la mia concentrazione non veniva meno. In genere mi si poteva scorgere a scarabocchiare, per me ancora ora, quel comportamento è mirato alla concentrazione. Pertanto rispondevo puntualmente. Intelligenza avrebbe voluto che si stufasse… visto che incassava un colpo dopo l’altro, restando puntualmente muto color di cera.
Arriva il terzo trimestre, con esso il tempo bello, l’Estate giungeva presto. La zia mi fece un abitino muovo, già pronto prima delle vacanze, ovviamente lo indossai. Era a quadretti bianchi e lilla. Rifinito all’orlo e alle tasche con un bel sangallo bianco intrecciato non un nastrino lilla, richiamato anche nelle spalline larghe e lunghe che collegavano la scollatura del davanti con il dietro. Si intravedeva appena appena la divisione tra i due seni.
Erano giorni di interrogazioni finali. Nessuno mi avrebbe potuto rimandare a Settembre men che meno bocciare, pertanto nessun timore.
Arriva la prova orale di italiano. Vado alla cattedra, mi squadra e dice:
“ Gemignani spiegami questo passo di Dante: …alle sfacciate donne fiorentine l’andar mostrando le poppe al petto…”

Lo fulminai con lo sguardo e sta volta 
la faccia di cera divenne paonazza…se ne accorsero tutti.

Iniziai dicendo che quella frase era stata pronunciata da un poeta amico di Dante incontrato al Purgatorio. Sotto pressione ne dissi il nome e il contesto. Intanto era il canto XXIII°, tra i golosi Dante riconobbe il suo amico Fornese, condannato con altri a patir fame e sete. Il riferimento alla frase era in risposta alla domanda di Dante del perché non si trovasse all’Inferno al buio sotto una melma puzzolente in compagnia di Ciacco e sotto le grinfie di Cerbero. Ovvero, il Farnese si salvò dall’Inferno grazie alle preghiere della moglie, donna onesta e fedele non come quelle sgualdrine delle fiorentine che andavano a passeggio sul Lungo Arno scollacciate.

Insomma un mazzo…non certo per me ma per lui…che tornò al suo consueto pallore.
Per farla finita: Geografia 6 (non meritavo di più); Italiano 6!!!...Storia 6….uno scandalo unico!!!!!
Chi se ne frega di quel buffone.

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